Sodoma
XIV Domenica T.O. –
Siamo e saremo sempre pochi di fronte all’abbondanza della messe che è il frutto della divina abbondanza nei cuori. Come i discepoli siamo chiamati a vigilare sul nostro modo di compiacerci dei nostri “successi” a scapito della consapevolezza del fatto che, nei cuori, ogni annuncio è preceduto dalla presenza e dall’amore di Dio che fonda remotamente- e in modo segreto – ogni possibile risposta all’annuncio del Vangelo: <Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!> (Lc 10, 2). Il modo con cui il Signore Gesù ci chiede di annunciare – in forma testimoniale e non monumentale – il Vangelo, è quello di farlo con passione e distacco. Si tratta di essere agili e liberi, profondamente coinvolti senza essere ossessionati e preoccupati. Al discepolo è chiesto di non giudicare la reazione all’annuncio di cui è umile e sereno portatore: <Se vi sarà un flgio della pace, la vostra pace scenderà su di lui> (10, 6). Al discepolo è chiesto di rimanere discreto e di non presumere troppo nel valutare e nel giudicare.
La croce di cui ci parla Paolo nella seconda lettura è l’unica cattedra che la Chiesa può conoscere ed è quella di una madre che allatta ogni creatura come un figlio, piuttosto che la predella da cui giudicare tutto e tutti. La parola di Paolo <quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo> (Gal 6, 14), si sposa con quella del profeta Isaia: <Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni; succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria> (Is 66, 11). A queste due immagini, dominate dalla logica del servizio e del dono, si oppone il riferimento a <Sodoma> (Lc 10, 12), la città evocata dal Signore Gesù per caratterizzare chiaramente ciò che si oppone alla logica del Regno e al mistero della sua crescita nel cuore della nostra umanità. Sodoma può ben indicare una civiltà che si chiude su se stessa. Sodoma è una città bella e sicura, oggi diremmo: moderna e funzionalissima. Lot vi si trasferisce con la sua famiglia nella speranza che le sue figlie possano accasarsi assicurandosi un futuro migliore. Abramo resta invece sotto le tende ed è qui che riceve la visita di Dio e l’annuncio della prossima distruzione delle città.
A Sodoma, come a Gomorra, tutto sembra funzionare bene, ma la ricchezza e il progresso non sono considerati un dono bensì una conquista, per cui è chiaro che il diritto viene negato a chi è straniero, pellegrino e ospite…: tre categorie di persone che possono essere indifferentemente rispettate o abusate. Questo è contrario alla logica del Vangelo che invece chiede al discepolo di farsi accogliere, di lasciarsi benevolmente ospitare senza presumere di avere nessun diritto e senza premunirsi in alcun modo, ma accettando, al contrario, che la sua vita sia interamente esposta: <Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali> (10, 3-4). Tutta l’attenzione e la cura sta nel rivelare come il Signore è più <vicino> (10, 9) di quanto riusciamo ad immaginare, perché egli ci <consola> (Is 66, 13) come una madre fa con un figlio… e noi siamo tutti fratelli, solo fratelli!
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