Quarta presenza
XIV Domenica T.O. –
La domanda del Signore Gesù risuona anche per noi: <Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?> (Lc 10, 36). Si potrebbe dire che, in verità, è il “quarto uomo” il vero protagonista della parabola ed è esattamente quel “quarto” personaggio (Dn 3, 92) intravisto dal re Nabucodonosor mentre passeggiava con i tre fanciulli portando una presenza rinfrescante all’interno della fornace bruciante. Questa quarta presenza è quella di Cristo! Come spiega Severo di Antiochia: <Cristo non ha detto “uno scendeva”, bensì “un uomo scendeva”, perché il brano concerne tutta l’umanità. Questa, in seguito alla colpa di Adamo, ha lasciato il soggiorno elevato, calmo, senza sofferenza e meraviglioso del paradiso, a buon diritto chiamato Gerusalemme – nome che significa «La Pace di Dio» – ed è disceso verso Gèrico, regione bassa e cava, dove il caldo è soffocante. Gèrico, è il ritmo febbrile della vita di questo mondo, vita che allontana da Dio. Una volta che l’umanità ha imboccato quella vita, lasciando la via retta, il branco dei demoni selvaggi viene ad attaccarla come una banda di briganti>1. Chi mai ci può liberare dalle mani dei briganti che dilaniano la nostra speranza, se non quel <Samaritano> (Lc 10, 33) che si piega sulle nostre piaghe e le fascia con la sua misericordia e il suo amore?
La parola del Deuteronomio ci aiuta a comprendere come, l’osservanza dei comandamenti di Dio, esige la maturazione di uno sguardo capace di riconoscerne la presenza in chi ha bisogno di essere accolto e soccorso. È proprio vero che la parola e la volontà di Dio non sono <lontano> (Dt 30, 11) nella misura in cui impariamo a farci prossimo. Anche noi siamo chiamati a diventare, attraverso un amore sempre più autentico, nientemeno che <immagine del Dio invisibile> (Col 1, 15), il quale si rende visibile ogni volta che sappiamo uscire allo scoperto senza passare oltre, facendo finta di non vedere e dimenticando, così, di sottrarsi alla possibilità di essere visti, incontrati e salvati. Rileggendo ancora una volta la parabola del buon samaritano, riceviamo la consolazione e la rassicurazione di non percorrere da soli le nostre strade. Il Signore si è messo in cammino sulle rotte tanto insicure della nostra umanità e non ci lascia soli; la sua premura è tale da fermarsi e caricarci <sulla sua cavalcatura> (Lc 10, 34).
Lungi da noi pensare a noi stessi nelle vesti di quel quarto uomo che <era in viaggio> come tutti e tre gli altri uomini, ma a differenza di questi, guidato da una così profonda <compassione> (10, 33) da interrompere il cammino per riprenderlo più tardi e… solo dopo aver raggiunto la mèta della vita che è la capacità di amare. La parola e i gesti del Signore Gesù non hanno altro scopo se non quello di aprire per noi la possibilità di vivere in modo simile e somigliante al Cristo che non passa mai dall’<altra parte>, ma si fa veramente <vicino>. Impariamo a fare, del viaggio della nostra vita, un vero sacramento di compassione e un reale ambito di salvezza, nel quale ci lasciamo interpellare da ogni ferita e da ogni trauma umano come se fossero i nostri, come se fossimo coinvolti noi stessi. Del resto, siamo un solo <corpo> (Col 1, 18).
1. SEVERO DI ANTIOCHIA, Discorsi, 89.
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