Il tuo nome è Autorità, alleluia!

V Settimana di Pasqua –

La prima lettura ci riporta ad un momento assai delicato della vita e della storia della Chiesa: <agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli> (At 15, 22). Potremmo definire questo gruppo la prima delegazione apostolica e gli antesignani dei nostri nunzi e legati pontifici. Se fosse così, sarebbe proprio a partire da questo testo che possiamo comprendere meglio in cosa consista l’<autorità> secondo il Vangelo e secondo l’ispirazione dello Spirito di Cristo Risorto. La prima cosa che va sottolineata riguarda il “curriculum” per essere annoverati tra questo gruppo scelto cui si riconosce la capacità di rappresentare e trasmettere la sensibilità di una Chiesa in continuo ascolto delle esigenze della Parola unitamente alle esigenze della storia. In modo chiaro, il testo ci ricorda che sono <uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo> (At 15, 26). La seconda cosa, altrettanto importante, sta nel fatto che il frutto di questa condizione previa, riguarda uno stile e un’attitudine pastorale che la Chiesa è chiamata a custodire e a rinverdire: <E’ parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie> (15, 27).

In una parola potremmo dire che la condizione dell’autorità nella Chiesa radica nella donazione personale alla causa del Vangelo fino a mettere a rischio, in senso ampio, la propria vita e, parimenti, in un’essenzialità di esigenze che va continuamente rimessa a punto. Lo stesso testo degli Atti ci offre anche un criterio per comprendere se le cose funzionano o meno, proprio a partire dal frutto che l’esercizio dell’autorità nella Chiesa non solo produce come effetto di obbedienza, ma, ancor di più, lascia come senso di sollievo quasi fosse una scia di profumo: <Quando l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva> (15, 30). Nel Vangelo tutto questo viene confermato e rafforzato dalle parole del Signore Gesù che sono il presupposto e il punto di partenza continuo di ogni esercizio del servizio di autorità nella comunità credente: <Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli un gli altri come io ho amato voi> (Gv 15, 12). Il punto di partenza non è un principio dottrinale astratto, ma l’esempio concreto di un modo di stare al mondo che è quello rivelatoci nella carne del Verbo.

Ancora una volta è il Signore stesso a darci il criterio per capire se il nostro viaggio nella vita si sta svolgendo nella giusta direzione: <Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici> (15, 13). Ma per dare la vita per i propri amici, prima di tutto bisogna avere degli amici! Sembra che al Signore questo stia radicalmente a cuore quando dice: <Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi> (15, 15). La conclusione dell’unico messaggio che ci viene dall’incrocio delle letture della Liturgia può essere riassunto così: nella Chiesa nessuno deve essere trattato da “suddito”, ma da amico; da parte della Chiesa nessuno deve essere considerato nemico, ma amico, persino e soprattutto quando è un leale avversario.

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