Il tuo nome è Bene, alleluia!

VI Domenica di Pasqua –

Nella prima lettura, più volte, ritorna un’attenzione della Chiesa, che diventa la preoccupazione dominante nella Chiesa stessa, che si avverte a servizio di tutti. La sollecita trepidazione si trasforma, allora, in desiderio e cura: perché ogni scelta sia per il <bene> (At 15, 25). Dal modo di comportarsi degli apostoli, nella solenne cornice di quello che consideriamo il primo concilio della storia della Chiesa, possiamo imparare che il <bene> esige un contatto personale! Nella prima lettura troviamo che lo <scritto> (15, 23) non viene fatto pervenire attraverso i consueti messaggeri dell’epoca, ma viene accompagnato da alcune persone di fiducia. Costoro sono chiamati non solo a trasmettere le decisioni prese, ma a far percepire, con la loro presenza, l’intenzione profonda della Chiesa di promuovere il bene di tutti. La Chiesa primitiva diventa così modello dello stile ecclesiale la cui caratteristica principale dovrebbe essere quella di mantenere e coltivare uno stile personale! Da parte sua il Signore Gesù, nel Vangelo, ci fa risalire fino al Padre quale fonte e modello di relazione e di amore infinito: <Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui> (Gv 14, 23). 

Il momento è assai grave! Il Signore annuncia ai suoi discepoli che sta per allontanarsi visibilmente da loro, eppure li vuole lasciare nella <pace> (14, 27) e non nel turbamento. Questa <pace> la si acquisisce e la si conserva osservando la sua parola che, interiormente, non solo assicura, ma persino approfondisce la sua presenza. Le parole del Signore Gesù sono particolarmente dense: ora Gesù non sarà più a portata di mano, passando al Padre inaugura un nuovo modo di vivere la relazione. Potremmo dire che la sua presenza alla quale i discepoli, non solo sono ormai abituati, ma giustamente anche profondamente legati, sarà ormai a “portata di cuore”. In questo modo il Cristo, attraverso il mistero della sua Pasqua, diverrà alla portata di ogni uomo e donna che si aprono alla fede accogliendo l’amore del Padre e del Figlio che ha ormai un volto e un nome: Spirito Santo. Si tratta non di una diminuzione di presenza, ma di un salto di qualità vertiginoso, il quale permette, a ciascuno dei discepoli, di vivere della stessa vita del Maestro.

Il Cristo Signore se ne va verso il Padre e la sua carità ci spinge e non essere negligenti, nei confronti del dono dello Spirito poiché da questa attenzione, che si fa accoglienza, dipende la sua vita in noi e, attraverso di noi, la sua presenza nel mondo. La cosa che sembra stare massimamente a cuore al Signore, mentre guarda diritto in faccia il mistero della sua passione imminente, è la serenità dei suoi discepoli: <Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore> (14, 27). Se il nostro cuore è in pace, allora non potremo che trovare, sempre, il modo per regalare questa medesima pace e serenità a tutti. Questo desiderio ci obbliga a cercare il <bene> di ciascuno senza mai imporre obblighi che appesantiscano inutilmente ed eccessivamente il cammino che è già normalmente così faticoso ed esigente. Il bene di tutti sembra passare attraverso il discernimento di ciascuna di quelle che sono le <cose necessarie> (At 15, 28). A partire da questo alleggerimento radicale che sta a fondamento della vita della Chiesa di sempre e che ne dovrebbe sempre guidare le scelte, possiamo comprendere meglio la parola dell’Apocalisse che mette al centro, sempre e solo, il mistero di Cristo Risorto fino a dire: <La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna: la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello> (Ap 21, 23).

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *