Il tuo nome è Ritto, alleluia!
V Settimana di Pasqua –
L’opera del Signore Gesù continua attraverso le parole e i gesti degli apostoli. Le parole di Paolo al <paralizzato> non fanno altro che rinnovare il dono originale della creazione per ogni uomo e per ogni donna: <Alzati, ritto in piedi!> (At 14, 10). La celebrazione del mistero pasquale si protrae per tutto questo tempo gioioso fino a Pentecoste e sembra essere una lunga meditazione su Cristo Signore. Egli è l’Agnello immolato e vivente che, nel mistero della sua offerta pasquale, pur ferito e sgozzato, sta <ritto> (Ap 5, 6; 14, 1) al centro della storia per conferirle il senso più autentico e profondo. Il desiderio e il disegno dell’Altissimo per ognuna delle sue creature e per ciascuno dei suoi figli è che possiamo raggiugere la pienezza della nostra statura nell’esercizio di quella libertà di movimento non solo delle gambe, ma soprattutto, del cuore nella libertà che ci rende suoi figli e icona della sua presenza nel mondo e nella storia. La lettura del Vangelo di Giovanni ci aiuta già a preparare non solo liturgicamente, ma prima di tutto esistenzialmente, il dono di una rinnovata Pentecoste: <Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto> (Gv 14, 26).
Il dono dello Spirito del Risorto non fa che rinnovare e dilatare quel dono fondamentale della creazione che ci ha messi in piedi e in movimento fin dalla creazione del mondo. Pertanto, non basta essere creati, è necessario ogni giorno fare il balzo della libertà, della creatività, di una certa capacità di essere pronti all’avventura come quel paralitico che, sulla parola di Paolo, che rinnova la forza della parola originaria del Creatore, <balzò in piedi e si mise a camminare> (At 14, 10). Come insegna Paolo agli abitanti di Listra il punto di partenza per questa rimessa in movimento è la memoria di quel <Dio vivente, che ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano> (At 14, 15). Il Signore Gesù ci ricorda che l’opera della creazione non è un’opera di potenza, ma un dinamismo di amore: <Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui> (Gv 14, 23).
Al cuore di quel paganesimo interiore che abita il nostro stesso cuore e spesso vediamo abitare il mondo in cui viviamo, il Signore Gesù ci chiede di fare un passo decisivo nella comprensione del mistero di Dio che corrisponde alla giusta comprensione del nostro stesso mistero: amare è il segreto della vita, perché l’amore è l’essenza stessa di Dio. Da parte sua lo Spirito Santo, ci ricorda il Signore Gesù, <vi insegnerà e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto> (14, 26). Lo Spirito Santo sembra avere uno scopo primario nel suo abitare il nostro cuore: insegnarci a ricordare. Ricordare è una delle espressioni più durevoli e necessarie dell’amare. Eppure, non basta ricordare, è necessario che la memoria scavi nel cuore del discepolo uno spazio di reale disponibilità a rimettersi in gioco, senza cedere al comodo di una vita semplicemente assistita e tristemente compianta.
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