Nascosto

XI settimana T.O.

Nella prima lettura leggiamo un testo così drammatico da poter essere definito persino cruento. Alla fine, si dice che <la città rimase tranquilla> (2Re 11, 20), ma a quale prezzo?! Possiamo apprendere da questo passaggio così difficile e inquietante della storia di Israele quanto possa talora essere complesso il processo che conduce infine alla pace e alla tranquillità passando per momenti non solo drammatici, ma perfino tragici. Il primo passo è ciò che fa Ioseba che <nascose> (11, 2) Ioas figlio di Acazia. Il primo passo per sperare nella salvezza e in un possibile incremento di vita è quello di saper entrare in un tempo di sospensione che può e talora deve coincidere con una doverosa chiarificazione interiore ed esteriore. In questo medesimo processo ci conduce la parola del Signore Gesù. 

Egli ci fa prendere coscienza di quelli che possono essere gli ostacoli allo sviluppo corretto della nostra vita quando ci aiuta ad aprire gli occhi su alcune realtà – non sempre facilmente nominabili con chiarezza – che sono in grado di bloccarsi fino a renderci schiavi: <Non accumulate per voi tesori sulla terra… accumulate invece per voi tesori in cielo> (Mt 6, 19-20). La catechesi del Signore Gesù si sviluppa con una profonda coerenza: la capacità di vivere all’altezza del proprio cuore imparando sempre di più a coltivare il livello dell’interiorità è ciò che permette un sano e promettente discernimento. Il Signore ci ricorda con forza una verità che diventa un criterio di valutazione di tutti gli aspetti e le espressioni della nostra esistenza: <Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore> (6, 21).

Quando il Signore Gesù evoca la dimensione del cuore come quella centrale del nostro vivere e del nostro desiderare non ci invita affatto a rifugiarci in un intimismo astorico e dimissionario. Al contrario il Signore ci esorta a ricentrarci continuamente e offre gli strumenti necessari per essere all’altezza della storia: quella più personale e quella di relazione. Per questo aggiunge che: <La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso> e aggiunge per evitare ogni malinteso spiritualistico <ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso> (6, 22-23). Semplificare non ha niente a che fare con una modalità di comoda ingenuità, al contrario è il modo per rettificare continuamente i nostri cammini a partire dal centro del nostro essere da cui abbiamo il compito di ripartire in ogni momento per evitare la più terribile delle catastrofi: <Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tua tenebra!>.

Si tratta di imparare non solo a guardare, ma a vedere! I nostri occhi e quello che passa attraverso di loro – in entrata e in uscita – ci plasmano: noi diventiamo ciò che guardiamo, per questo dobbiamo diventare capaci di contemplare il reale per non cadere nella trappola dell’apparenza e seminare attorno a noi la morte invece che la vita, come avviene nel duro racconto evocato dalla prima lettura.

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