Piccolo seme

XI Domenica T.O.

Paolo sollecita i cristiani di Corinto alla fiducia. Non si tratta di un ingenuo ottimismo, ma della consapevolezza di camminare verso un futuro che illumina il presente, anche quando può risultare faticoso o insensato. Se talora possiamo percepire l’amarezza dell’esilio – quando ad esempio sperimentiamo lo smarrimento del vivere – rimaniamo certi che la meta del nostro pellegrinaggio è il Signore. In Lui troveremo finalmente riposo, come gli uccelli dimorano all’ombra di un albero o tra i suoi rami. Questo futuro atteso non ci fa evadere dal tempo in cui viviamo e dalle sue responsabilità; al contrario, ci consente di rimanervi con l’impegno della speranza, tipico di chi sa di dover camminare ancora nella fede, non nella visione. Il Signore, continua Paolo, darà a ciascuno la ricompensa delle opere compiute. Non si tratta tanto di un premio estrinseco, quanto piuttosto della promessa di portare a compimento quello che le nostre mani così spesso sanno soltanto incominciare, senza riuscire a condurre a pienezza. Il Signore compie gli impegni autentici della nostra vita, li fa maturare trasformando un piccolo seme in un grande albero, mentre ciò che non è secondo il bene svanirà come fumo. Paolo ci invita così a condividere la fiducia stessa che ha animato la vita e l’azione di Gesù. Cristo ha vissuto tra noi senza la pretesa di cogliere subito frutti, ma con la pazienza del seminatore, che continua a gettare il seme anche quando sembra improduttivo o troppo debole, certo che esso ha in sé la forza di germogliare e crescere. Con questa immagine del seme Gesù ci parla del regno dei cieli. Il linguaggio delle parabole è sempre sorprendente. Il tema del ‘regno’, infatti, evoca immediatamente suggestioni di potenza, organizzazione, imponenza… Parlando del regno di Dio Gesù ricorre a un’immagine completamente differente: quella del più piccolo di tutti i semi, che non ha nessuna evidenza o apparenza, tanto da marcire nascosto nel terreno; non esige dispiegamento di forze e di impegni, tanto che il contadino può persino dormire, senza comprometterne l’efficacia. Due atteggiamenti colorano così la vita del credente. La capacità di perseverare nella speranza, anche quando nulla sembra accadere, perché tutto avviene nel nascondimento del terreno in cui il seme è sepolto. È il tempo in cui sperimentiamo persino il silenzio di Dio, la sua lontananza. Il Padre sembra non agire; è invece misteriosamente all’opera, nel segreto della storia, e noi, al pari del contadino della parabola, non sappiamo <come>. Il secondo atteggiamento ci rende attenti al quotidiano. È il <più piccolo>a divenire <il più grande>. In tal modo la parabola, più che al futuro, ci invita a vigilare sul presente perché diventi realmente un laboratorio di speranza per noi stessi e per gli altri.

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