Accordare!
XIX settimana T.O. –
La parola del Signore Gesù su quella che comunemente chiamiamo “correzione fraterna” porta, in realtà, alla luce il legame indissolubile che la creazione ha istituito tra il cielo e la terra, tra Dio e l’uomo, tra l’uomo e il cosmo. La parola del Signore rivolta a tutti <i suoi discepoli> risuona forte e chiara: <tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo> (Mt 18, 18). Si può certamente fondare su questo versetto la necessaria potestà che si esercita competentemente nella Chiesa, ma su questa parola solenne del Signore affonda le sue radici la verità di ogni relazione non solo col <fratello> (18, 15) ma col cosmo intero. Ciò che si fa all’altro, ciò che si vive con l’altro, ciò che si affronta per l’altro non si risolve <sulla terra> ma ha la sua conseguenza e, per certi aspetti, raggiunge la sua pienezza di senso <in cielo>. Un monaco così commenta l’imprescindibile legame che intercorre tra Cristo e la Chiesa, tra ciascuno e ogni suo simile: <Tutto è comune tra lo Sposo e la sposa: l’onore di ricevere la confessione e il potere della remissione. Come Sposo umile e fedele, non vuole fare niente senza la sposa. Guardati bene dal separare il capo dal corpo; non impedire a Cristo di esistere interamente; perché Cristo non è mai intero senza la Chiesa, e nemmeno la Chiesa lo può essere senza Cristo. Cristo totale, integro è il capo e il corpo>1. Di questa integrità siamo tutti responsabili e artefici attraverso la correzione e il perdono.
Partendo da questo orizzonte prima che arrogarsi il diritto di ammonire l’altro in tanti modi è necessario premunirsi dal rischio di pensare che persino le realtà che vanno affrontate <fra te e lui solo> (18, 15) hanno una conseguenza <in cielo> e quindi una valenza eterna e che riguarda tutti e tutto perché aumenta o impoverisce quell’armonia che è principio e condizione della vita piena. Il Signore ci assicura solennemente che <se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà> (18, 19). Ac-cordarsi per chiedere nella preghiera non può che essere il segno e il frutto di una con-cordia nel vivere fino a <dare la vita> (Gv 15, 13). E questo è possibile solo – come ama ripetere Chiara Lubich – se accettiamo e amiamo di mettere di <mezzo> (Mt 18, 20) e al centro assoluto delle nostre relazioni umane il Signore Gesù e la sua logica pasquale. In questa medesima logica: <Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab…> (Dt 34, 5) in adempimento sereno della terribile parola: <Te l’ho fatto vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!> (34, 4).
Eppure, la morte di Mosé non crea, per molti aspetti, nessun vuoto, ma subito <Giosué figlio di Nun> (34, 9) è in grado di prendere il suo posto e di assicurare serenamente la continuazione e il coronamento dell’esodo. Il grande Mosè <con il quale il Signore parlava faccia a faccia> (34, 10) ha vissuto con-cordemente non solo con Dio ma anche con Giosué il quale <era pieno dello spirito di saggezza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui> (34, 9). Mosè occupa interamente il suo posto e onora il suo ruolo ma con la grande capacità di essere serenamente sostituibile perché assolutamente accordato sulla volontà di Dio come fosse uno strumento musicale nella mani dell’artista. Forse il grande dramma che si nasconde sotto ogni <colpa> (Mt 18, 15) che rompe la comunione è proprio la fatica ad accordare lo strumento del nostro cuore prima di farlo suonare e talora, ahimé, stonare!
1. ISACCO DELLA STELLA, Omelie, 11, 13.
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