Asilo

XXV settimana T.O. –

Non saremo mai grati abbastanza e non faremo mai abbastanza nostre le parole dello scriba Esdra: <Ma ora, per un po’ di tempo, il Signore, nostro Dio, ci ha fatto una grazia: di lasciarci un resto e darci un asilo nel suo luogo santo, e così il nostro Dio ha fatto brillare i nostri occhi e ci ha dato un po’ di sollievo nella nostra schiavitù> (Esd 9, 8). Così pure non saremo mai abbastanza docili ad accogliere la provocazione del Signore Gesù che affida anche a noi il mandato di cui sono investiti gli apostoli: <E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi> (Lc 9, 2). Il ruolo e la missione della Chiesa al cuore dell’umanità, è pensato e voluto dal suo Signore in vista dell’incremento della sua felicità che si identifica con la capacità di offrire ad ogni creatura un <asilo>. Così esortava il vescovo ausiliare di Parigi negli anni in cui la Chiesa – dopo il ’68 – vedeva trasformare radicalmente il proprio modo di presenza nel mondo, quasi costretta – dalla congiuntura culturale, politica ed economica – ad assumere un volto più evangelico: <La Chiesa di Gesù non ha niente altro da offrire se non la fede, la carità e la speranza dei primi discepoli che non hanno trasformato il mondo con il metodo dei politici, dei sapienti o dei filosofi. Ma hanno fatto di più, hanno annunciato al mondo la salvezza, e questo perché il Vangelo ha loro insegnato ciò che abita profondamente il cuore dell’uomo>1.

Proprio per crescere sempre di più in quella che potremmo definire una sensibilità a tutto ciò che è umano, il Vangelo non è – come spesso si sente dire e persino avvertiamo dentro di noi – una lunga serie di proibizioni etiche. Oggi la parola del Signore Gesù ci mette di fronte ad una serie di raccomandazioni perché mai, in noi, ci sia qualcosa che faccia da ostacolo alla luce del Vangelo: <Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche> (9, 3). Al cuore della consegna del Signore Gesù, affidata agli apostoli, non vi sono degli “interdetti” cui sottomettere gli altri, ma delle esigenze rigorose cui sottomettere se stessi per essere veramente in grado di aprire il cuore all’accoglienza della buona novella del regno di Dio. La condizione dell’annuncio sembra proprio essere una sorta di leggerezza interiore indicata da un passo così agile da suscitare gioia – e non timore – fin da quando si è  ancora lontani.

Gli apostoli sono uomini e credenti che non hanno nulla, se non quella realtà che portano dentro come un dono ricevuto da condividere,  le cui condizioni imprescindibili sono quelle di  una serena dipendenza dalla benevolenza degli altri e una gioiosa povertà: realtà queste che diventano il luogo possibile dell’incontro e della comunicazione dei doni. Talora tutto ciò può avvenire in modo assolutamente imprevisto tanto da trovare sulla bocca di Esdra parole commoventi: <ma nella nostra schiavitù il nostro Dio non ci ha abbandonati: ci ha resi graditi ai re di Persia, per conservarci la vita ed erigere il tempio del nostro Dio e restaurare le sue rovine, e darci un riparo in Giuda e Gerusalemme> (Esd 9, 9). Chi se lo sarebbe mai aspettato?!


1. D. PEZERIL, Sortez de votre sommeil, Paris 2001, p. 41.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *