Radice

X settimana T.O.

La parola del Signore Gesù non vuole sostituirsi alle “dieci parole” consegnate da Dio a Mosè sul Sinai ma – al contrario – va alla radice di quello che era il desiderio di Dio per l’umanità nel momento in cui – dopo averlo creato – lo accompagnava nel cammino di relazione con lui attraverso il dono della Legge. Riflettendo con acume sull’economia della storia della salvezza Ireneo di Lione nel suo Contro le eresie, dice che: <La legge è stata promulgata dapprima per gli schiavi, per educare l’anima per mezzo delle cose esteriori e corporali, conducendola, in un certo senso come per mezzo di una catena alla docilità ai comandamenti… perché ormai egli seguisse Dio senza catene> (IV, 13, 2).

Da questo punto di vista la parola apparentemente così cruda del Signore non è che l’invito a far radicare sempre di più nel nostro cuore la libertà di essere all’altezza di noi stessi: <Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te> (Mt 5, 29). Così pure la parola che regola la relazione d’amore e di intimità tra l’uomo e la donna – simbolo che rimanda ad ogni relazione che si voglia umana – non vuole essere un baluardo legale ma riportare continuamente alle motivazioni originarie del cuore: <Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore> (5, 28). Come Elia <sul monte > (1Re 19, 9) alla fine <si coprì il volto con il mantello> (19, 13) per vedere non più con gli occhi ma per sentire attraverso il silenzioso ascolto di cui il Signore Dio lo rende partecipe, così anche noi davanti al mistero cui ogni relazione rimanda e di cui è segno siamo invitati ad ascoltare e a convertirci. Infatti, il Signore passa nelle nostre vite sempre attraverso l’altro che si fa commensale della nostra esistenza.

Per questo la sfida non è tenere fede ai legami in modo esteriore e legalistico, ma convertirsi continuamente al desiderio dell’altro fino a sapere “tagliare” (Mt 5, 30), nel senso proprio di potare, il nostro desiderio perché sia umanizzato. Un modo è quello di ritrovare la donna non come oggetto di concupiscenza, ma come sorella nel cammino di umanizzazione. Questo stupendo progetto non si può realizzare senza la capacità di mutilare il nostro naturale egoismo per far crescere in noi l’ordine dell’amore che non può darsi senza un certo amore dell’ordine. L’esperienza di Elia sul monte può così diventare una cifra per imparare la via della mistica delle relazioni umane: non volere più vedere perché si vuole solo e sempre ascoltare. Questo testo così sottile, così santo e così vero non parla solo della relazione riuscita tra l’uomo e Dio, ma pure di una possibile riuscita delle nostre relazioni umane: Non vediamo più Elia, <il suo volto raccolto nella notte del suo mantello>1 fa sì che sia raggiunto dal divino appello del silenzio: <Ascolta Elia, ascolta!>. Questo ascolto di Dio nel <mormorio di un vento leggero> (1Re 19, 12) è il luogo di ogni ascolto, di ogni fedeltà, di ogni umanità.


1. C.-H. ROCQUET, Elie ou la conversion de Dieu, Lethielleux, Paris 2003, pp. 130-131.

1 commento
  1. Carmen Zandonai
    Carmen Zandonai dice:

    La lettura di Elia, mi riporta alla prima volta che la lessi. Fu un’esperienza fortissima, capace di tenermi sveglia la notte per la sua bellezza…una bellezza immutata. Gratitudine.

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