Il tuo nome è Benedizione, alleluia!
Ascensione del Signore –
Il Signore Gesù si separa dai suoi discepoli nell’atto di benedirli e proprio <Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo> (Lc 24, 51). Quella del Signore Gesù è una benedizione che mantiene e, nello stesso tempo, trasforma la relazione tra i discepoli e il loro Maestro. Il segno distintivo di questo nuovo modo di comunione sono la gioia e l’adorazione: segni esterni di una vita ormai tutta segnata dalla capacità di benedire e di ringraziare. Il Signore ritorna nel seno del Padre dopo aver rivelato, nel mistero della sua incarnazione, pienamente manifestatosi nel mistero pasquale, quale amore il Padre ha per il mondo di cui noi siamo parte. Il Verbo torna <in cielo> con il nostro corpo preparando così un posto, uno spazio, una possibilità di “essere” – per la nostra umanità – al cuore stesso della vita divina. In tal modo la benedizione delle origini sulla creazione intera oggi raggiunge la sua pienezza e il suo culmine, toccando il cuore delle creature e dando a ciascuno di noi la gioia di poter sperare in un compimento che tocchi l’interezza del nostro essere e la totalità della nostra storia.
Il mistero dell’ascensione suona allora come una vera e urgente chiamata a partecipare del medesimo amore che unisce il Padre e il Figlio ed è continuamente riversato nei nostri cuori con, e nella potenza dello Spirito. Si tratta di un amore sufficientemente decentrato da se stesso che consente l’assenza sensibile di Cristo senza renderlo per nulla assente dalla nostra vita, anzi, così tanto presente ed efficace da poter assicurare che ormai <abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente> (Eb 10, 19-20). Questa certezza interiore di comunione, che si fa partecipazione serena e libera alla stessa vita di Dio, ci permette di rispondere alla benedizione con l’adorazione che si fa fervida attesa del dono che viene dall’alto e che ci permette di orientare la nostra vita sempre oltre, il dono dello Spirito.
A noi, quindi, è ora richiesto di rivivere, nella nostra vita, l’esperienza degli apostoli amando di dimorare nel tempio interiore del nostro cuore per potervi ricevere il dono della vita nuova: di una vita risorta. Al cuore della nostra fede condivisa vi è una certezza che nasce da una promessa: <Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo> (At 1, 11). La gioia dell’Ascensione è una gioia che libera il cuore perché non lo incatena nemmeno ad un’esperienza compiuta di Dio, ma lo spinge verso quell’oltre di cui è rimando il simbolo del <cielo>. Non ci è chiesto di distaccarci o disinteressarci della vita quotidiana, ci è semplicemente dato di essere profondamente coinvolti e, allo stesso tempo, profondamente liberi, perché chiaramente orientati così da essere tanto coinvolti, quanto assolutamente distaccati da ogni paura di fallire o di soffrire. L’amore non passa, si invera! A noi è chiesto di essere testimoni della potenza della misericordia e del perdono che abbiamo appreso dalle parole e dai gesti del Maestro e di cui ora, in attesa del suo mite e festoso ritorno, siamo chiamati ad essere testimoni possibilmente credibili, ma soprattutto testimoni interessanti per quella gioia sottile e contagiosa che dovrebbe segnare e contraddistinguere il nostro tratto, tanto da riconoscervi uno sprazzo di cielo… sempre così vicino e così lontano.