Puri!
XXV settimana T.O. –
La dichiarazione del Signore Gesù potrà sembrare persino brusca; eppure, è fondamentale per la Chiesa di ogni tempo chiamata continuamente a risituare se stessa nel duplice riferimento a Cristo suo Signore e all’umanità di cui e per cui è sacramento di salvezza. <Mia madre e i miei fratelli sono questi…> (Lc 8, 21). Per capire ancora meglio cosa sia necessario vivere per fare parte di <questi>, senza rischiare di rimanere fuori da una relazione significativa con il Signore Gesù, nonostante si possa vantare un grado non trascurabile di vicinanza e di familiarità, la prima lettura sembra darci un quadro assai eloquente: <continuarono a costruire e a fare progressi> e ancora <portarono a compimento la costruzione per ordine del Dio d’Israele e per ordine di Ciro, di Dario e di Artaserse, re di Persia> (Esd 6, 14). Ciò che indica un reale grado di familiarità con il Signore è un riscontrabile livello di laboriosità che tiene conto, continuamente e sempre, di una relazione non esclusiva – nemmeno con Dio! – ma che obbedisce alla volontà del Signore accettando che essa passi – e ne sia come plasmata – attraverso le umane vicissitudini.
La ricostruzione e la dedicazione del Tempio di Gerusalemme è il risultato di una sorta di cospirazione tra il Dio di Israele e i re pagani. Questi ultimi sostengono il popolo nel suo progetto di riedificazione di un luogo che restituisce agli esiliati un’identità forte, nella coscienza ferma che essa rinasce in relazione e con l’aiuto insperato e inaudito di coloro che avevano tentato di annientarla. La nascita del Giudaismo come riscossa di un popolo che ritrova la sua terra e le sue abitudini e che è fortemente tentato di isolarsi fino a segregarsi per evitare ogni contaminazione, è frutto di una benevolenza e di una collaborazione con gli altri che non bisogna mai dimenticare. La nota finale secondo la quale <tutti erano puri> (6, 20) andrebbe forse intesa, o almeno desiderata e ricercata, nel modo più aperto e accogliente che si possa immaginare. Il gesto della mano del Signore che indica <questi> come <coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica> (Lc 8, 21), è lo stesso gesto evocato dalla parabola del seminatore: largo e dilatante, generoso e pieno di fiducia.
Se è vero che <andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla> (8, 19) è ancor più vero che l’unico modo di avvicinarsi veramente al Signore è quello di accettare di mescolarsi e non quello di distinguersi. Del resto, ciò che permette di riconoscere i membri di una medesima famiglia è il fatto che tutti ci si somigli in un qualche modo! Per cui non ci resta che assomigliare, visibilmente e nei fatti, al Signore Gesù assumendo il suo stile di universale familiarità. Essere discepoli del Signore Gesù non significa solo, e neppure prima di tutto, accogliere un insegnamento, ma assumere un atteggiamento da cui si possa riconoscere la scuola a cui siamo stati formati: quella di Cristo che ci rende puri da noi stessi e ci fa entrare in processo che potremmo definire di universale purificazione.
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