Farsi salvare
XX settimana T.O. –
Le parole del Signore Gesù sono un po’ esasperanti: <In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli> (Mt 19, 23). E se non bastasse la cosa viene ribadita e radicalizzata con un esempio che sembra scoraggiare ogni speranza: <Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio> (19, 24). Per comprendere la parola del Signore, ci viene in aiuto la prima lettura ove la domanda di Gedeone nasconde già la risposta che il Maestro darà a Pietro: <Perdona, mio Signore: come salverò Israele? Ecco la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre> (Gdc 6, 15). La risposta è lapidaria: <Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo> (6, 16). In realtà, non c’è nessuna possibilità di salvarsi, se non nella misura in cui si acconsente ad essere salvati. Il dialogo che il Signore Gesù intesse con i suoi discepoli è la continuazione dello shock di quel giovane che si allontana in modo così toccante ed inquietante.
Al cuore dell’incontro tra il Maestro e il <giovane> discepolo mancato vi è l’evocazione dei comandamenti elencati nella seconda tavola delle Torah ove troneggia l’invito a non rubare. Il ricco, secondo la logica del Vangelo, è sempre un ladro potenziale perché, confidando sulle proprie ricchezze, è meno incline a fare affidamento sulla grazia di un dono tutto da ricevere e sempre da condividere. Un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli, proprio perché avrà la tendenza a non lasciarsi accogliere pensando di potervi accedere con i propri mezzi quasi ne avesse il diritto. Eppure, il Signore non lascia nello sconcerto totale i suoi discepoli, ma li incoraggia con una promessa: <In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele> (Mt 19, 28). Perché questo avvenga bisogna accettare di entrare nella logica del <Figlio dell’uomo> che è una logica di perdita, di offerta, di kenosi e non di “ruberia spirituale”.
Sempre la grande tentazione è quella di presentarci davanti a Dio come dei cammelli che, nella Scrittura, sono segno di ricchezza (cfr. Gb 42, 12) poiché <sulle loro gobbe trasportano tesori> (Is 30, 6). Di fatto il giovane che si era presentato a Gesù si offriva al suo sguardo “ben carico” delle sue osservanze mentre il Signore gli chiede di alleggerirsi il più possibile. La risposta dei discepoli se è costernata è pure molto sincera. Tutti, infatti, o siamo o ci sentiamo dei cammelli carichi di una qualche ricchezza da offrire. In ciascuno di noi vi è una tale paura di non essere accolti nella nostra povertà da indurci a dimenarci pur di offrire qualcosa per dimostrare all’altro che valiamo qualcosa e che non siamo poi così miserabili: <Intanto, non te ne andare di qui prima che io torni a te e porti la mia offerta da presentarti> (Gdc 6, 18). Sempre il Signore accoglie le nostre offerte, ma ci porta oltre ogni nostra offerta permettendoci così di farci salvare per poter, finalmente, veramente salvare.