Il tuo nome è Vittoria, alleluia!
II Domenica di Pasqua –
La parola dell’apostolo Giovanni dà un nome al Risorto che, con gioia, accogliamo in mezzo a noi raccolti, ancora una volta, attorno alla mensa della parola e del pane. Questo nome è “Vittoria” (1Gv 5, 4). Questo nome è indissolubilmente legato alla <nostra fede> nella <risurrezione del Signore Gesù> (At 4, 33). Nella Chiesa di tempi antichi e nelle giovani Chiese dei nostri giorni, in questa domenica dell’Ottava di Pasqua, i neofiti deponevano le vesti bianche – albe – con cui erano stati rivestiti durante la notte di Pasqua risalendo dal Battistero. Interiormente ciascuno di noi è chiamato a riappropriarsi di questo gesto: deporre la veste bianca dopo essersene rivestiti interiormente ed efficacemente. In tal modo ciascuno <vince> nel proprio cuore ogni tenebra e ogni passione disordinata per la vittoria pasquale di Cristo di cui siamo stati resi partecipi attraverso il nostro Battesimo. Ogni anno si fa compagno di questo gesto dei neofiti la figura dell’apostolo Tommaso che ci riporta alla consapevolezza che la vittoria di Cristo non si può attuare nella nostra vita senza che noi lo lasciamo vincere su ogni nostra resistenza a autoreferenzialità. Il Signore Gesù vince non confondendo ma guarendo.
Il <dito> (Gv 20, 27) che Tommaso mette nel costato di Cristo Risorto – alla fine – non è più una verifica, ma è un’opportunità. Tutto ciò avviene per noi, perché il Signore possa – invisibilmente ma efficacemente – passare il suo dito sulle piaghe del nostro cuore per trasformarle in pieghe in cui si nasconde il profumo di un segreto inviolabile: <chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato> (1Gv 5, 1). In un suo Sermone, Agostino interpreta il mistero di questi <Otto giorni dopo> (Gv 20, 26) in relazione al tempo che la tradizione ebraica prevede per la circoncisione e dice rivolgendosi ai neofiti <piccolissimi nel Cristo> che <oggi viene portato a compimento in voi il sigillo della fede>. Come per il bambino è necessario che passino <otto giorni> (Gn 21, 4) prima che il coltello recida il prepuzio per farne un figlio dell’Alleanza, così pure per il gruppo degli apostoli si rende necessario un tempo adeguato perché tutti – e quindi tutto – si apra alla vittoria pasquale di Cristo Signore su ogni forma di incredulità e su ogni mancanza di fede.
Il Signore ci dà tempo e vince nella nostra vita accettando di ritornare ogni <otto giorni> per permetterci di crescere nella fede in lui e nella comunione tra di noi. Infatti, secondo la liturgia, il segno della vittoria pasquale di Cristo si manifesta al mondo attraverso il segno di una comunione crescente e concreta: <La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune> (At 4, 32). Ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia nel Giorno del Signore si rinnova per noi la sfida della vittoria di Cristo che circoncide in noi ogni forma di egoismo e di ripiegamento.