Il tuo nome è Perdono, alleluia!

Martedì di Pasqua

Il legame tra le due letture di questo giorno di letizia pasquale è sottile ed intenso. Pietro, al mattino di Pentecoste, annuncia per tutti il dono del <perdono dei vostri peccati>, un annuncio che sembra fare tutt’uno con quello <dello Spirito Santo> (At 2, 38). Alla luce di questo, possiamo rileggere il ritrovamento amoroso tra il Signore Risorto e Maria di Magdala come un’esperienza di perdono che si fa modello di come il perdono può toccare e far rinascere la nostra stessa vita di credenti. Il primo passo sembra essere quello di passare dall’<esterno, vicino al sepolcro> (Gv 20, 11) sempre più vicini al proprio cuore e alla propria interiorità. È all’altezza del cuore che gli occhi possono vedere, e lo fanno attraverso la percezione di una voce che permette di risituare ogni cosa e ricomprenderla profondamente. Finché Maria si guarda attorno e continua ad interrogare, in realtà non vede nulla se non ciò che pensa di dover vedere tanto da non riconoscere Gesù e scambiarlo per il giardiniere. Solo quando la presenza si fa parola e appello personale: <Maria!> (20, 16) allora tutto può finalmente cambiare e la corsa della vita e della speranza può riprendere.

Possiamo ben immaginare che, per Maria – il mattino di Pasqua – sentire pronunciare il suo nome nell’inconfondibile modo del Maestro, abbia avuto lo stesso effetto, persino più profondo, di ciò che avverrà al mattino di Pentecoste, davanti al Cenacolo, per la folla raccolta dal rombo dello Spirito Santo: <si sentirono trafiggere il cuore> (At 2, 37). Maria si sentì trafiggere il cuore con la spada della gioia che, talora, è ancora più tagliente di quella del dolore. Questo perché la gioia ci richiede di rimettere in moto la vita e di uscire dalle calde lane della rassegnazione: <ma va’ dai miei fratelli…andò ad annunciare…> (Gv 20, 17-18). Un Anonimo monaco si fa eco della lunga tradizione di meditazione di questo testo così ricco: <Angeli santi, eppure voi sapete bene chi ella piange e chi cerca. Perché rendere ancor più amare le sue lacrime rinnovando il ricordo di lui? Ma Maria può dar libero corso al suo dolore e al suo pianto, poiché le  si avvicina  la gioia di una consolazione insperata. “Si volge e vede Gesù in piedi, ma non lo riconosce”. Scena piena di dolcezza e bontà, dove colui che è desiderato e cercato si mostra e pure si nasconde. Si nasconde per essere cercato con più ardore, trovato con più gioia, trattenuto con più tenerezza, fino ad essere introdotto, per restarvi, nella dimora dell’amore (cfr Ct 3,4)>1.

Per arrivare pienamente a questo perdono Maria deve come attraversare delle soglie, delle tappe di purificazione: da fuori a dentro, dagli occhi all’udito, dal pensare di poter fare qualcosa per l’altro al riconoscere di avere bisogno di essere risollevati dalla tristezza e dalla morte. Fino a quando si piange e si ripiange, tanto da sentire l’assenza del cadavere una sventura ancora più grande della stessa morte, non potremo assumere occhi per la vita. Maria cercava di consolarsi con una cosa – la cura del cadavere dell’amato Maestro – e invece ritrova proprio Lui. In questo incontro si consuma l’atto più nuziale: il perdono per tutto ciò che in noi e attorno a noi dubita della vita.


1. Omelia monastica di un Anonimo del 13° secolo.

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