Il tuo nome è Narrazione, alleluia!

Giovedì di Pasqua

La strada che, così tristemente, da Gerusalemme portava ad Emmaus inverte il suo corso e riporta i discepoli – gioiosamente – dalla casa al Cenacolo, accomunati ormai dal medesimo gesto che si fa segno: la frazione del pane. Luca annota con una certa allegrezza come i due discepoli a cui, per primi, il Signore Risorto si manifesta, <narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane> (Lc 24, 35). Secondo il vangelo di Luca assistiamo qui alla seconda testimonianza della risurrezione. La prima era stata quella delle donne, che, in realtà, non avevano incontrato il Risorto, ma avevano fatto, a loro volta, la narrazione di ciò che era avvenuto al sepolcro, come dell’annuncio ricevuto da <due uomini>. Ora sono due discepoli a fare la narrazione del loro incontro con il Maestro e di come lo <avevano riconosciuto nello spezzare il pane>. Non passerà molto tempo e sarà lo stesso Signore a presentarsi nel Cenacolo, ancora sbarrato dalla paura, e a porre la domanda: <Avete qui qualche cosa da mangiare?> (24, 41).

A partire da questi testi potremmo ardire di pensare che, la nostra avventura discepolare di testimoni del Risorto, passa proprio attraverso la nostra capacità o meno di rispondere a questa domanda del Risorto stesso: saremo noi capaci di nutrire Colui che per noi ha dato la sua vita? Ciò che sembra portare a compimento e a pienezza il mistero della risurrezione è proprio il gesto di cui i discepoli si rivelano capaci alla fine: <Gli offrirono una porzione di pesce arrostito> e <egli lo prese e lo mangiò davanti a loro> (24, 42). Ora tocca a noi! Come discepoli siamo chiamati a rendere possibile attraverso il tempo intermedio tra la risurrezione di Cristo ed il suo ritorno nella gloria, che ogni bisogno venga sfamato. Il Signore ci ha mostrato la via mettendosi in cammino sulla strada che porta ad Emmaus e rivelandosi capace di cambiare la tristezza in gioia. Ben prima di spezzare quel pane che lo rende riconoscibile, il Cristo ha spezzato per noi il pane di se stesso di cui ci parlerà a lungo – come avviene ogni anno – durante il tempo pasquale, quando rileggiamo – parola per parola – il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni.

Come i due discepoli <narravano>, tanto da creare le condizioni necessarie perché il Risorto potesse rendersi presente in mezzo ai discepoli, così Pietro e Giovanni continuano a raccontare la potenza e la bellezza della risurrezione al <portico detto di Salomone> (At 3, 11). Nessuna narrazione è possibile senza che vi sia una storia, un’esperienza, un vissuto condiviso che diventa la base di nuovi sviluppi, di nuove esperienze e di più profonde e circostanziate condivisioni che permettono di far crescere il <vigore> (3, 26) del corpo e, soprattutto, dell’anima. È come se ogni giorno fosse, anche per noi, un’occasione rinnovata per dare consistenza al nostro essere <testimoni> (Lc 24, 48), soprattutto perché tutto ciò che abbiamo sperimentato come grazia e come gioia sia un dono che non rimane chiuso nel pugno del nostro egoismo, ma è ridonato a tutti con grande generosità.

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