Segreto

San Giuseppe  –

La solennità di san Giuseppe, il padre di Gesù, cade sempre al cuore del nostro cammino quaresimale ed è come un’ulteriore guida nella comprensione del mistero dell’incarnazione che si manifesta pienamente nel mistero pasquale. Giuseppe rappresenta una battuta di arresto nel lungo elenco di nomi e di volti che scandiscono il fluire della storia che – da Adamo e da Abramo – giunge, di padre in figlio, fino a <Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo> (Mt 1, 16). La sapienza biblica ci mette di fronte ad un gesto meraviglioso: quello di un uomo che cede il suo posto a favore di una donna, che è già stata capace di mettere al centro assoluto della sua vita, l’accoglienza di un bambino non pensato. Tutto questo è stato vissuto da Giuseppe in grande <segreto> (1, 19)! Un segreto che esige una capacità – non così comune – che è quella di saper portare il peso della vita e delle scelte che essa comporta, in una solitudine veramente grande. Per questo il padre di Gesù è stato capace di essere, per il figlio, l’icona di quel Padre che vede così profondamente da abitare il <segreto> (Mt 6, 4) del cuore in cui si costruisce la relazione intima con l’Altissimo cui il Maestro invita continuamente i suoi discepoli.

L’obbedienza e il silenzio di Giuseppe su cui, da sempre, si insiste nella predicazione, non vanno per nulla intesi nella linea di una sorta di debolezza, ma al contrario, come espressione di una forza virile e di una personalità chiara e decisa che si è trasmessa, per osmosi, al Signore Gesù. Il Cristo sarà infatti capace di interpretare la Legge di Dio fino ad accogliere l’inenarrabile dramma di trovarsi fuori dai suoi confini ed essere condannato a morte in suo nome, per salvaguardare il prestigio e la credibilità dell’Onnipotente. Giuseppe fu veramente <giusto> (1, 19) e fu padre autentico del Giusto che sarà appeso sulla croce per rivelare, al nostro cuore malato, il segreto di Dio che è l’Amore che non sopporta nessuna forma di immolazione. Nello sposo di Maria, la profezia di Natan, non solo si compie a livello generazionale, ma anche nel senso di un’intesa ritrovata tra il Creatore e la creatura: <Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio> (2Sam 7, 14). Possiamo immaginare così non solo la dolcezza di queste parole poste sulle labbra di Giuseppe, ma anche l’emozione del suo cuore intento a creare e ricreare continuamente una relazione fondata sul desiderio di essere <per> l’altro, dopo aver accettato di essere <con> l’altro (Mt 1, 20).

La meditazione del mistero di Giuseppe è per noi un modo per entrare personalmente nel cammino di <fede> (Rm 4, 16) che lo rese <saldo nella speranza contro ogni speranza> (4, 18) e modello per quel Figlio che da lui imparò non solo l’obbedienza, ma prima ancora l’autenticità e l’audacia. Queste virtù paterne risplenderanno nel momento in cui, il Crocifisso, non cederà alle tentazioni di faciloneria e di comodo. Al contrario, rimarrà <saldo> a quella croce che diverrà il segno per eccellenza di un amore che non si lascia scuotere dal sentimento di perdita, ma si fa rafforzare da ogni occasione di ulteriore dono. Quest’attitudine al dono di sé chiede a ciascuno di risvegliarsi, ogni mattina, con la stessa disposizione di Giuseppe quando <si destò dal sonno> (Mt 1, 24) ancora più deciso ad essere fedele a se stesso contro ogni intimidazione, persino quella che sarebbe potuta venire dalla religione.

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