Il tuo nome è Donare, alleluia!

VI Domenica di Pasqua

Ancora una volta l’apostolo Giovanni ci conduce direttamente al cuore, al centro, al nucleo incandescente del mistero di Cristo Risorto e Signore della storia: <in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati> (1Gv 4, 10). Il senso di questa parola viene confermato e rafforzato da un detto del Signore stesso che può essere assunto come il riassunto essenziale di tutto l’evangelo che è Gesù Cristo, morto e risorto per noi: <Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici> (Gv 15, 13). Questa è una parola che dilata gli spazi della nostra anima come i polmoni si dilatano per la finissima aria di alta montagna quando, finalmente, si può sentire la parte più sublime della nostra persona. Avere degli amici nella propria vita ed essere in grado di dare la vita per loro sembra essere – anzi lo è sicuramente – il segreto di una felicità vera e duratura. Se l’orizzonte ci affascina sorprendentemente, una domanda si pone necessariamente: <Come arrivare ad essere capaci di vivere tutto ciò, il dono di avere degli amici e la capacità di dare la vita per loro?>. L’esperienza dell’apostolo Pietro in casa di Cornelio ci può aiutare in questa comprensione e in questo cammino. Per due volte troviamo la congiunzione <anche>. Dapprima, mentre l’apostolo Pietro entra nella casa, in cui è stato invitato e dove viene accolto con grande – eccessiva! – deferenza. Infatti, mentre Cornelio secondo gli usi pagani <si gettò ai suoi piedi per rendergli omaggio> (At 10, 25), Pietro non esita a risollevarlo con queste parole: <Alzati: anch’io sono un uomo!> (10, 26). Verso la fine della prima lettura troviamo una constatazione che ha cambiato e segnato il cammino della Chiesa nascente: <E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio> (10, 45-46). Nella pienezza della celebrazione del tempo pasquale siamo così invitata ad aprirci ad un orizzonte sempre più inclusivo. Inclusivo nel senso di sentirci come tutti senza pretendere di essere diversi o più rispettabili di alcuno. Inclusivo nel senso di avere occhi per discernere quanto l’amore del Signore si estenda su tutti e sia capace di far germogliare i segni del suo Regno che viene anche laddove noi non aspetteremmo assolutamente nulla. È questo l’orizzonte che ci ha aperto la parola e i gesti del Signore che ancora una volta ci chiede di accogliere la sua parola come un seme capace di fecondare e trasformare la storia: <Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi> (Gv 15, 12). Raramente il Signore offre se stesso come esempio mentre normalmente rimanda al mistero del Padre. Per quanto riguarda la capacità e la modalità dell’amore non esita a chiederci di imparare da lui e di lasciarci ammaestrare dall’attitudine del suo cuore <perché Dio è amore> (1Gv 4, 8).

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